Tìndari è una nota
nonche' bellissima località della Sicilia (provincia di Messina) posizionata
sul Golfo di Patti. Essa e' una
frazione del comune di Patti.
Anticamente chiamata Tyndaris, Tindari e' stata fondata nel
396 a.C. dal tiranno di Siracusa Dionigi. Dal promontorio di Tindari la
vista spazia fino alle isole Eolie, il cui profilo si staglia
sull'orizzonte, e fino a Capo Milazzo. Proprio per la sua posizione
strategica, la bella Tindari divenne una postazione cartaginese, durante la
prima guerra punica, per poi passare sotto il controllo romano. La comunità
superò anche le incursioni barbariche e, anzi, si arricchì sotto gli
Ostrogoti, ma il suo periodo di splendore fu drasticamente interrotto dai
Saraceni che, nell'anno 827, distrussero Tindari e condannarono questo
incantevole tratto di costa a un lungo declino.
Una visita a Tindari costituisce un'esperienza affascinante, non solo per le
bellezze paesaggistiche. Bisogna risalire il promontorio, percorrendo il
sentiero che conduce alla sommità, per ammirare le mura ciclopiche
erette a difesa del primo insediamento. Questi giganteschi massi servivano a
integrare le difese naturali che, in parte, già proteggevano Tindari.
Le mura sono dovuti ad una ricostruzione del III
secolo a.C. che ripercorre una cinta precedente, probabilmente coeva alla
fondazione che venne completata in epoca tardo imperiale e bizantina.
La cinta si sviluppava per una lunghezza di circa 3 km ed era della
tipologia "a doppia cortina, con due muri paralleli (circa 0,70 m di
spessore) in opera quadrata di arenaria con disposizione isodoma, separati
da uno spazio, in origine riempito con terra o sassi (2,10 m di spessore),
raggiungendo un'altezza di 6,85 m. A distante diseguali si innalzavano torri
quadrate: una di queste (spazio interno di 6,5 x 5,15 m e con muri larghi
0,43 m e lunghi 0,87 m) conserva un tratto della scala che portava alla
sommità delle mura.
La porta principale, sul lato sud-occidentale, era fiancheggiata da due
torri e protetta da un antiporta a tenaglia di forma semicircolare, con
l'area interna lastricata con ciottoli. Altri piccoli passaggi si aprivano a
fianco delle torri della porta maggiore e venivano utilizzate per le sortite
dei difensori.
Lungo la strada si incontra anche l'ingresso agli scavi archeologici e all'Antiquarium
che ne raccoglie i reperti. Particolarmente evidenti sono le tracce
dell'assetto urbanistico romano: la città si sviluppava lungo il suo
Decumano Superiore, a sud del quale spiccano i ruderi dell'Insula
Romana, un quartiere comprendente terme, taverne e abitazioni fra cui
una grande domus patrizia che conserva ancora parte dei suoi mosaici.
A monte del Decumano Superiore è posta la gemma più bella di Tindari: il
Teatro Greco costruito nel IV secolo a.C. sfruttando una cavità naturale
del terreno. Con le sue gradinate affacciate sul mare, il teatro di Tindari
ospitò giochi gladiatori in epoca romana, e oggi rivive grazie al festival
estivo che ospita spettacoli di danza, musica e teatro.
Rimasto a lungo in abbandono e conosciuto solo per le
illustrazioni del XIX secolo, era appoggiato alla naturale conformazione a
conca della collina, nella quale furono scavate le gradinate dei sedili. In
età romana vi si aggiunse un portico in opera laterizia e la ricostruzione
della scena, di cui restano solo le fondazioni e un'arcata, restaurata nel
1939. L'orchestra venne trasformata in un'arena, circondando la cavea con un
muro e sopprimendone i quattro gradini inferiori
Dal 1956 vi ha sede un festival artistico che annovera tra le manifestazioni
danza, musica, e ovviamente teatro.
Da visitare anche i resti della Basilica romana, che restituisce
un'immagine dei fasti della Roma tardo imperiale. Meta di pellegrinaggi
turistici e religiosi è anche il celebre santuario della Madonna di
Tindari, che occupa la cima di una collina. Dal santuario si gode di una
vista mozzafiato sul golfo e sulla caratteristica lingua di sabbia
prospiciente il promontorio, in cui si aprono due “laghetti”, detti "di
marinello". All'interno, invece, è custodita l'effigie della Madonna Nera,
una scultura lignea dal fascino magnetico, proveniente, forse, dalla Siria o
dall'Egitto, dove fu intagliata attorno al XII secolo.
Il santuario si trova, proprio, all'estremità
orientale del promontorio, a strapiombo sul mare, in corrispondenza
dell'antica acropoli, dove una piccola chiesa era stata costruita sui resti
della città abbandonata.
La chiesa, distrutta nel 1544 dai pirati algerini, venne ricostruita tra il
1552 e il 1598 e il santuario venne ampliato con la costruzione di una nuova
chiesa più grande nel 1979.
Alla base del promontorio si trova una zona sabbiosa con una serie di
piccoli specchi d'acqua, la cui conformazione si modifica in seguito ai
movimenti della sabbia, spinta dalle mareggiate. La spiaggia è conosciuta,
come sopra detto, con il nome di Marinello o "il mare secco" e ad essa vi
sono legate diverse leggende.
Secondo una di esse la spiaggia si sarebbe formata miracolosamente in
seguito alla caduta di una bimba dalla terrazza del santuario, ritrovata poi
sana e salva sulla spiaggia appena creatasi per il ritiro del mare. La madre
della bambina, una pellegrina giunta da lontano, in seguito al miracolo, si
sarebbe ricreduta sulla vera natura miracolosa della scultura, della quale
aveva dubitato a causa dell'incarnato scuro della Vergine.
Un'altra leggenda narra della morte, avvenuta proprio su questa spiaggia di
Papa Eusebio, il 17 agosto del 310, pochi mesi dopo la sua elezione,
avvenuta il 18 aprile, che sarebbe stato esiliato in Sicilia da Massenzio.
Sopra la spiaggia, sul costone, si apre inoltre una grotta, che secondo una
leggenda locale era abitata da una maga, che si dedicava ad attrarre i
naviganti con il suo canto per poi divorarli. Quando qualcuno degli adescati
rinunciava per la difficoltà di raggiungere l'ingresso dell'antro, la maga
sfogava la rabbia affondando le dita nella parete: a questo sarebbero dovuti
i piccoli fori che si aprono numerosi nella roccia.
E' anche da sottolineare che Tindari dà il titolo ad un romanzo giallo di
Andrea Camilleri della serie di Montalbano, La gita a Tindari. Inoltre, già
Salvatore Quasimodo si ispirò a Tindari grazie alla sua nota poesia "Vento a
Tindari". Altro importante riferimento su Tindari lo troviamo nelle "Verrine",
in cui Cicerone si sofferma a lungo su Tindari e sulle spoliazioni subite
dalla città durante la magistratura di Verre.
La festa del santuario si svolge ogni anno il 7 settembre. |