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RACCUJA - STORIA E DESCRIZIONE DELLA CITTA'

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Foto di Oggi RACCUJA - STORIA E DESCRIZIONE DELLA CITTA' Foto di Ieri

L'abitato si erge alle pendici di monte Castegnerazza, immerso in un agro coltivato in prevalenza a noccioleto e oliveto, ma che ad altitudini maggiori cangia in boschi di conifere e impervie balze rocciose. Il comune abbraccia, infatti, un variegato territorio, che dalla bassa collina (c.a. 450 m s.l.m.), sale sino ai rilievi nebroidei, per toccare quota 1395 m nella Serra di Baratta. Alla vista di chi perviene dagli alti monti, il paese sembra quasi "pendere" verso la fiumara, adagiato com'è secondo un asse longitudinale monte-fiume: per questo ha i connotati di un vero e proprio borgo, che dal castello normanno scende sino ai quartieri nobili e all'imponente chiesa madre.

Le prime presenze attestabili fanno riferimento ai Bizantini (VI- IX secolo d.C.), i quali fondarono il Monastero di San Nicolò del Fico, dell'Ordine di San Basilio, e un presidio militare sul luogo dell'attuale centro abitato. Nel 1091 vi passa il Conte Ruggero d'Altavilla, che rafforza il presidio ed elargisce fondi per l'ampliamento del Monastero basiliano, vessato da due secoli di dominazione araba.

Nel 1271 il centro compare in un atto col nome di Raccudia. Nel 1296, dopo due secoli di dominio Regio, diventa feudo degli Orioles. Nel 1507 la baronia passa prima ai Valdina, poi ai La Rocca, che la reggono sino al 1552. Dal 1552 il feudo, innalzato a contea, è possedimento della famiglia Branciforti, importantissimo casato aristocratico che governa Raccuja sino al 1812, anno della caduta degli stati feudali in Sicilia.

I Branciforti incrementarono la produzione della seta, tessuto pregiato che venne esportato in tutta l'isola, e sotto il loro dominio fiorirono le arti figurative, artistiche e culturali: i monasteri si arricchirono di ogni bene, il paese fu dotato di nuove strade e imponenti palazzi. L'egemonia della contea raggiunse l'apice quando, a metà del XVII, il conte di Raccuja fondò il paese di Bagheria, appellandolo col nome di "Raccuja Nuova", come riferisce l'Amico: in quell'occasione molte genti del borgo si trasferirono nella novella città, diffondendo nel palermitano il cognome "Raccuia".

In periodo risorgimentale in paese si formò un importante ceto di aristocratici e proprietari terrieri che comprarono le terre dei Branciforti e, dopo il 1866 (anno della chiusura dei conventi e dell'incameramento dei loro beni da parte del nuovo stato italiano), si spartirono gli immensi possedimenti ecclesiastici. Le enormi distese vengono spartite tra le famiglie Angotta, Giuliani, Li Perni, Natoli, Picardi, Tripoli.

L'assetto urbano si presenta articolato in strette viuzze, per quanto concerne i quartieri alti e bassi dell'abitato, in quanto di origine medievale, oltre che popolari. La porzione centrale, invece, oltre a costituire un ibrido architettonico, punteggiata com'è da chiese medievali, resti di torrioni normanni, insieme a sontuose dimore cinquecentesche e palazzi in stile neo-rinascimentale (XIX secolo), è attraversato da ampie seppur tortuose vie, e si apre spesso in piazze e slarghi, spesso in corrispondenza di chiese o sull'area degli antichi giardini nobiliari, ormai sostituiti da lastricati e piazze pubbliche.

Da notare la splendida piazza XXV Aprile (a chiazza), circondata da imponenti palazzi del Seicento, che si fregia di una raffinata scalinata settecentesca, interamente in arenaria; inoltre, tra l'antico circolo dei nobili e la zona moderna della cittadina, si apre l'imponente slargo dell'antico piano di Sant'Antonio, odierna piazza del popolo (in dialetto Chianu Cafè), ritrovo della popolazione e luogo adibito a spettacoli e manifestazioni all'aperto (Tratto da Wikipedia)

 

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